art is coexistence
L’arte ha il potere di risvegliare il cervello atrofizzato del mondo, ha il dovere sociale di leggere l’elettrocardiogramma (a volte impazzito) della realtà, ha la facoltà di rigenerare e modificare lo stato delle cose per riflettere sulla vita quotidianità, per creare cortocircuiti costruttivi, per edificare ponti immaginifici con discipline eterogenee e con differenti ambiti del lavoro umano. Di un lavoro che è, per l’artista, sul piano della teoria e della pratica, oggi come ieri del resto, misura critica, inchiesta ed esercizio di stile, lettura di un modello – il mondo della vita, appunto – in continuo divenire. L’arte ha, ancora, la possibilità di «dare sfogo alle angosce della propria epoca» ha suggerito Antonin Artaud (L’anarchie sociale de l’art). Di attraversare il presente e le presenze per trovare risposte, per formulare quesiti, per avanzare rotte di viaggio che rompono gli argini paludosi della realtà con lo scopo di costruire nuovi giardini d’utopia, nuove vie di fuga, nuovi scenari etici, estetici, politici.
Art has the power to reawaken the world’s withering brain and it has the social duty to read the EKG (which goes crazy from time to time) of our reality. It has the ability to regenerate and modify the state of affairs to reflect upon our daily lives, to create constructive short circuits and to build imaginative bridges with heterogeneous disciplines and with the various spheres of human work. Today, and as it has always been, this work is a critical measure for any artist, an investigation and exercise in style as well as an interpretation of a model – the world of life – in constant evolution. Yet again, art has the possibility of «displaying the afflictions of our era» as Antonin Artaud suggested in his L’anarchie sociale de l’art. To travel across the present and the presences and find some answers, to formulate queries, to advance courses of journeys that break the boggy banks of reality with the goal of building new gardens of utopia, new escape routes, new ethical, aesthetic and political scenarios.
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Come il ricordo d’un canto lontano, come i suoni argentini di una vaporosa città la cui umidità annebbia la vista o come la calma apparente di uno sguardo che si posa, spericolato, su una serie di edifici contemporanei per bloccare l’urlo vivace di un luogo in continuo divenire, la fotografia di Olivo Barbieri (Carpi, 1954) ...

